Lagotto quo vadis?
di Davide Andrea Andriolo
– articolo pubblicato nel giornalino di gennaio 2004 –
Con sincero entusiasmo e vivo interesse ho partecipato al convegno sul Lagotto Romagnolo tenutosi il 24/10/2003 a Bagnara di Romagna presso la Fondazione Centro Studi sul Cane Antonio Morsiani.
Ho notato una cospicua partecipazione sia da parte dei soci, italiani e stranieri, e la presenza di un nutrito gruppo di ospiti dal grande lignaggio cinotecnico, a cominciare dal presidente della F.C.I. Dr. H. Müller, i quali con i loro interventi hanno arricchito le tematiche esaminate durante il convegno.
La cornice e l’atmosfera della fondazione Antonio Morsiani, ove si sono svolti i lavori, ha sempre il suo grande e carismatico fascino, non da meno è stata la franca ospitalità offertaci dal nostro Presidente Dr. Giovanni Morsiani e dalla sua Signora Dr. Dinora.
Gli argomenti esposti dai vari Relatori sono stati tutti di grande interesse sia per il presente, ma soprattutto per il futuro del Lagotto Romagnolo. Ciò mi porta ad esternare le seguenti personali osservazioni.
Nella relazione riguardante la toelettatura, tenuta dal Dr. Gilberto Grandi, è stata sottolineata l’attenzione che bisogna avere nel giudicare un Lagotto ben toelettato, poiché un toelettatore professionista può essere in grado di occultare certi difetti di costruzione morfologica, e quindi far apparire questi soggetti quello che in realtà non sono.
Altro argomento a cui è stata data una certa importanza riguardava la non tosatura della testa, data la lentezza di crescita del pelo in questa regione. Alla dimostrazione pratica da parte di una toelettatrice professionista, il soggetto è stato tosato a forbice in senso caudo-craniale.
Nella piena consapevolezza da parte dello scrivente nel non essere mai abbastanza ignorante, non condivido totalmente quanto esposto su alcuni di questi argomenti.
A mio parere, la toelettatura, sia essa eseguita a forbice o con la tosatrice, và iniziata in senso cranio-caudale e non viceversa come durante la dimostrazione, poiché è la testa che detta la silhouette del pelo per l’intero mantello, e non l’attaccatura della coda.
Svolgendo la professione di medico veterinario, per mia aberrazione professionale, sono abituato a discernere il pelo dalla pelle, e codesta dalle strutture muscolo scheletriche. Ne consegue quindi che la mia preferenza sia orientata verso una testa sobriamente toelettata, con un pelo relativamente corto. Un buon cranio non lo si ottiene con del lungo pelo, magari infeltrito alla base; bensì, al contrario, è il frutto della presenza dei poderosi tessuti ossei e muscolari che, univocamente, forgiano questa espressiva zona scheletrica.
Riguardo alla velocità di crescita del pelo su questa regione, ho molte riserve sul fatto che sia così lenta in relazione al resto del corpo, visto che proprio la cute della testa è fra i distretti del corpo maggiormente vascolarizzati ed innervati sia sui piani superficiali che profondi.
Mi sono posto una domanda: “Come è un Lagotto Romagnolo dopo 50-60 gg. o poco più da una tosatura uniforme di 3-4 mm, ove si apprezza già la conformazione del tipo di ricciolo, spuntano i primi peli caprini, il mantello è omogeneo e soprattutto la grande Cinognostica di cui sono dotati i nostri cani, è li in bella vista, senza trucchi e senza inganni, davanti a tutti, ove i vari rapporti cinometrici sono lampanti, l’inossidabile andatura si esprime al massimo, e l’ossatura e muscolatura sono loro le scultoree protagoniste e non la lana?” Non ho trovato altra risposta che sbalorditivamente bello!
Il mio ruggito alla Leon di Castiglia non è affatto rivolto al Dr. Gilberto Grandi, cinotecnico che stimo molto, ma si rivolge alla realtà delle circostanze, o meglio al fatto che in Italia sono solamente due i Giudici Specialisti per la razza Lagotto Romagnolo e noi tutti ben li conosciamo ed è inopinabile la loro capacità nel giudizio.
Trovo preoccupante piuttosto il resto degli addetti ai lavori, poiché, magari abilitati d’ufficio a giudicare la nostra razza, nonostante la loro capacità nel valutare un soggetto ed a esprimerne un giudizio, un’abile toelettatura li può trarre in inganno.
La comprova della mia perplessità l’ho avuta durante la bella ed appassionata, nonché veramente sentita, descrizione dei filmati delle prove di lavoro, da parte del Sig. Paolo Alessandrini, poiché il presidente della F.C.I. , rapito come noi tutti dall’incisività delle immagini, ad un certo punto ha affermato: “Certo che il Lagotto tosato sembra un altro cane”.
Altri due aspetti su cui mi sento di fare alcune osservazioni riguardano il profilo sanitario della razza e le manifestazioni a cui il nostro cane partecipa.
E’ indiscutibile che il Lagotto Romagnolo sia una razza in ottima salute e longeva, più di molte altre razze, ma è altrettanto indiscutibile che dei nostri soci anglosassoni abbiano riscontrato degli inconvenienti sgradevoli su cuccioli da loro prodotti derivanti da progenitori italiani.
Se si pensa e si lavora per il futuro di una razza, trovo deleterio, nei riguardi della razza stessa da parte di chi la alleva, nascondersi dietro ad un capello, nell’indifferenza, qualora qualche fenomeno si presenti.
Se i problemi riscontrati dagli allevatori d’oltremanica si rilevassero anche da noi, invito seriamente, da uomini intendo, i proprietari di questi soggetti a portare alla luce i casi, in modo tale che si possa operare per una risoluzione, al fine di mantenere sempre alto il livello dell’allevamento italiano, che deve comunque rimanere il riferimento per tutti gli altri.
Essendo il Lagotto Romagnolo un cane a duplice attitudine (bellezza e lavoro), trova giustamente spazio sia in esposizioni di bellezza che in prove di lavoro.
A riguardo delle esposizioni trovo fuorviante e pregiudizievole la tendenza a far radicare il concetto che un Lagotto per potersi affermare sul ring debba:
a) essere toelettato da un toelettatore professionista
b) essere condotto da un handler conosciuto.
Le esposizioni sono certamente anche un grande spettacolo, ma queste tendenze le trovo sconcertanti, sia per la discriminante nei confronti di coloro che non possono permettersi toelettatore e handler, ma soprattutto perché l’esposizione dovrebbe essere non una sfilata di uomini o donne, bensì l’espressione massima della cinognostica del cane, che poco ha a che vedere con il folklore, premiando veramente il miglior soggetto e non quello più artefatto.
Dare spazio a queste abitudini e permettere la colonizzazione di questi pregiudizi, alla non tanto lunga potrebbe mettere in seria difficoltà anche le prove di lavoro. Come?
Basti pensare al fatto che, alla stessa stregua, si potrebbe radicare la convinzione o la moda che un Lagotto per qualificarsi bene alle prove, non debba essere condotto dal suo proprietario-tartufaio, ma bensì da un dresseur di grido, come già avviene per i cani da caccia.
Dovere del C.I.L. è continuare ad operare per la formazione dei Giudici per le prove di lavoro in modo che, quando finalmente tali prove saranno rese ufficiali dall’E.N.C.I., e prima o poi avverrà, i concorrenti abbiano a disposizione dei veri esperti di questo tipo di attività sportiva unica al mondo e non dei valutatori improvvisati, facilmente abbindolabili.
Concludendo, spero che quanto finora esposto serva a scuotere le coscienze per proseguire, come molto si è fatto e si continua a fare con molto impegno da parte di tutti, nel miglioramento della razza, e soprattutto serva a mantenere i nostri Lagotti veri e propri cani da tartufi, protagonisti indiscussi dei terreni tartufigeni dalle varie tipologie, impedendo che la moda, lo spettacolo delle esposizioni vadano ad intaccare la sobrietà della razza, rendendo il nostro cane non più re dei boschi e dei tartufi, ma per dirla come Oscar Wilde, un dandy salottiero da esposizione.
Non è il Lagotto Romagnolo che si deve conquistare il pubblico, ma è il pubblico che deve conquistarsi il Lagotto.